Con la stagione mite, dalla primavera all’autunno, si riscontra un’alta incidenza di punture da zecca.
Nella maggior parte dei casi, tolta la zecca con le dovute attenzioni, ossia NON bagnare con alcool, gasolio né niente, ma sfilare dalla pelle con una leggera torsione con pinzette o con l’apposito strumento a forca acquistabile in farmacia, non si sviluppano problemi, ma un piccolo ponfo e normale prurito per qualche giorno. In molte famiglie è tradizione rimuovere le zecche “soffocandole” con un liquido a scelta, ma questo metodo irrita la zecca e la porta ad aumentare la produzione salivare amplificando la possibilità di trasmissione di agenti patogeni.
In una percentuale di casi si possono sviluppare patologie anche gravi come Malattia di Lyme, Rickettsia o encefalite (TBE).
Gli apicoltori sono soggetti ad alto rischio di contrarre queste malattie trasmesse dalle punture di zecche; l’articolo vuole fornire alcune indicazioni e suggerimenti per salvaguardare la propria salute.
BIOLOGIA DELLE ZECCHE, IN BREVE
Le zecche sono parassiti ematofagi appartenenti a un sottordine di acari, le specie più conosciute sono la zecca del bosco (Ixodes ricinus) e la zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus).
Compiono da 1 a 3 pasti di sangue a seconda della specie su diversi ospiti, il ciclo vitale può durare 3 anni, hanno la capacità di attendere anche molto tempo nella vegetazione l’occasione giusta per attaccarsi a un ospite e nutrirsi.
Possono essere veicolo di batteri e agenti patogeni che ricevono e trasmettono dai vari ospiti da cui si nutrono.
Immagine tratta da Zoonosi trasmesse da Zecche, pubblicazione realizzata da
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, nel 2018
INDICAZIONI SU COME COMPORTARSI IN CASO DI PUNTURA
(tratto dalla pagina Wikipedia dedicata alle zecche)
- Non bruciare il parassita, non applicare alcuna sostanza, non rimuovere la zecca a mani nude. Così facendo si eviterà che la zecca rigurgiti, diminuendo notevolmente il rischio d’infezione.
- Tramite una pinzetta, afferrare la zecca nel punto più vicino alla cute per evitare la rottura dell’apparato boccale. Non afferrare la zecca per il corpo per evitare il cosiddetto “effetto siringa” o di spezzare il parassita. In farmacia sono disponibili pinzette specifiche o penne con un laccio per agevolare la rimozione.
- Estrarre il parassita afferrandolo il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimuoverlo tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione.
- Durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni.
- Se il rostro dovesse rompersi, si noterà un puntino nero al centro della puntura. Si dovrà cercare di estrarlo usando la punta di un ago da siringa sterile.
Disinfettare la cute evitando disinfettanti colorati. - Controllare per 30-40 giorni se si forma un alone “a bersaglio” detto eritema migrante, caratteristico della malattia di Lyme e di altre possibili patologie. Se compaiono sintomi quali una cefalea non abituale, un’artrite acuta, una sintomatologia neurologica o un malessere simil influenzale non altrimenti spiegato contattare un medico.
Non assumere farmaci di propria iniziativa. - La formazione di una crosticina rossa pruriginosa è il decorso normale della puntura.
Aggiungiamo la forte raccomandazione di non prendere antibiotici solo a fronte della puntura.
Un ciclo di antibiotici immediatamente dopo il contatto con la zecca e ancor peggio di durata troppo breve può mascherare i sintomi, falsare i successivi esami del sangue e non avere alcuna efficacia sui batteri della borrelia che, avendo un ciclo vitale piuttosto lungo e annidandosi in siti poco vascolarizzati, non avrebbero alcun danno da soli 5 giorni di antibiotico (purtroppo la terapia breve è spesso consigliata da medici di base).
Invece in caso di eritema a bersaglio o altra sintomatologia è bene affidarsi al dottore, ricordando che gli antibiotici efficaci sono doxiciclina, amoxicillina o cefuroxima per un periodo non inferiore alle 3 settimane.
Tipico rusch cutaneo della malattia di Lyme, l’eritema a bersaglio. Foto di James Gathany
MALATTIA DI LYME, UNA BRUTTA ESPERIENZA PERSONALE
di Laura Capini
Nell’estate del 2014 sono stata punta dall’ennesima zecca, niente di nuovo per chi abita e lavora in campagna, si toglie, si disinfetta e si cerca di non grattarsi troppo.
Nei giorni successivi la zona della puntura si arrossa in modo strano, sento il dottore, chiedo se devo prendere l’antibiotico, sì, 5 giorni di Augmentin.
Passa qualche mese, arriva novembre e vado al Crea a Bologna per 4 giorni al corso sulle patologie apistiche; quando torno si gonfia il polso destro, tanto da non riuscire ad usare la mano, penso sia strano per aver scritto appunti e trascinato un trolley, sento il dottore, fa il vago, mi dice di passare in studio, ma in un paio di giorni passa e non ci penso più.
Quell’inverno feci gli esami per la borrelia, risultarono negativi.
Passa qualche anno, con malesseri passeggeri e un po’ troppi mal di testa, ma vado avanti senza dare troppo peso, del resto non sono mai stata troppo fortunata con la salute.
Arriva la primavera 2017, ad Apimell ho dolori alle ginocchia e alle gambe ma ho troppo da fare e non mi ascolto, a metà mese faccio da assistente a Massimo Carpinteri in un corso di Introduzione all’Analisi Sensoriale del Miele, sto in piedi parecchie ore per distribuire e ritirare i bicchieri di miele, alla fine delle lezioni lavo tutto a mano, diventa difficile ignorare il male alle gambe ma sono troppo concentrata e felice di essere lì per occuparmene; nel frattempo si gonfia una guancia per un piccolo ascesso (neanche coi denti sono molto fortunata).
Nell’Aprile 2017 diventa quasi impossibile deambulare, prendo appuntamento con l’ortopedico che mi ha sistemato le ginocchia nel 2001, mi aspira 2 siringhe enormi di liquido rossastro e mi prescrive una serie di esami.
Va sempre peggio, non so dove sbattere la testa, prendo appuntamento intramoenia con una reumatologa del San Martino che mi ricovera subito in reparto, iniziamo intanto con una bella flebo di cortisone… nel giro di qualche giorno la sentenza: malattia di Lyme, ripetiamo le analisi e si ripete la sentenza.
Mi viene diagnosticata la fibromialgia, causata dall’infezione latente che ho covato per anni, un’altra brutta bestia con cui convivere.
Passo mesi tra cicli di antibiotici (per bocca e per puntura) e cortisone, tra alti e bassi fisici e di umore.
Devo stare attenta a non stancarmi, a quello che mangio, a tutto. Ho episodi di vertigini e nausee. Lavoro al computer e non so come stare seduta, la luce è fastidiosa e ho spesso mal di testa, ma ho un lavoro bellissimo e riesco anche a seguire la pubblicazione del dossier sulla cristallizzazione scritto da Lucia Piana e Amanda Dettori, che resterà sempre una bella cosa di cui andar fiera in quel brutto periodo.
A dicembre decido di andare a Trieste, da uno dei massimi esperti di borreliosi, i batteri sono ancora lì, mi toglie il cortisone e mi fa fare un altro ciclo di antibiotici.
L’inizio del 2018 è una ripida discesa all’inferno, sto di nuovo malissimo, il lavoro bellissimo si brucia, ho una forte depressione e cammino solo con il bastone, sono prigioniera in casa e per fare qualsiasi cosa devo valutare percorso, tempi, possibilità di sedersi, quanto vicino posso arrivare con la macchina.
Tengo duro per arrivare all’estate 2018, quando finalmente non c’è più borrelia nel mio sangue.
Ma l’artrite c’è ancora, per non soccombere mi compro bastoni colorati e me ne faccio fare uno con l’impugnatura a forma di ape.
Siamo a primavera 2020, ho cambiato medico di base, non uso più il bastone da qualche mese, affrontare le scale è stata una conquista da festeggiare, sono tornata dalle api sebbene stando molto in piedi senta dolore, ho qualche noioso problema di intolleranze alimentari, a causa dell’infezione prolungata ho sviluppato una probabile malattia autoimmune, uno dei sintomi è il fenomeno di Raynaud, che mi ricorda ogni volta che mi viene che se anche adesso sto bene prima o poi dovrò di nuovo affrontare il dolore.
Aggiornamento primavera 2023: il 12 luglio 2021 mi è stata diagnosticata la Sclerosi Sistemica limitata o Sclerodermia, malattia rara autoimmune del tessuto connettivo. Forse, ma non potrò mai saperlo, se non avessi avuto la malattia di Lyme la Sclerodermia non si sarebbe sviluppata: la malattia ha una base genetica, ma occorre un “trigger” perché si manifesti.
La diagnosi è stata una condanna e una liberazione, ho frequentato una psicologa per diversi mesi, perché una diagnosi così necessita di aiuto nell’elaborazione (e non c’è nulla di cui vergognarsi a cercare aiuto da un professionista), soprattutto sono stata finalmente presa in carico dal reparto di Immunologia del San Martino, dopo decine di visite e un’altalena emotiva devastante.
Adesso ho la mia terapia, il mio codice per l’esenzione, 2 visite all’anno intervallate dagli esami del caso, e tra alti e bassi vado avanti, almeno adesso so cosa devo affrontare.
Racconto tutto questo a chiunque lo voglia ascoltare non per farmi compatire o farmi dire brava, ma per trasmettere quanto può essere pericoloso sottovalutare una puntura di zecca o sbagliare le terapie.
L’unico modo è autoproteggersi, informarsi e non sottostimare.
PER APPROFONDIRE
Pagine Wikipedia citate nel testo
Malattia di Lyme su Osservatorio Malattie Rare
Associazione Lyme Italia e coinfezioni
Guarino dice
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, in bocca al lupo per tutto.